La svolta del ministro Franceschini per anticipare la procedura di infrazione da parte di Bruxelles. Ma sarà un’apertura limitata alle società no-profit.
Non è ancora una procedura di infrazione. Ma potrebbe diventarlo presto. Per questo il ministro della Cultura Dario Franceschini si è convinto che la legge sul diritto d’autore, quella che dal 1941 assicura a Siae il monopolio nel nostro Paese, vada cambiata. “Il governo ha dato disponibilità a proporre al Parlamento una norma che permetta ad altri organismi di gestione collettiva di operare in Italia”, ha scritto in una nota il ministero. Aprendo così alla tanto discussa liberalizzazione del mercato del copyright musicale. Per di più in tempi stretti, in modo da evitare la sanzione ufficiale di Bruxelles. Già nella legge di Bilancio, anticipano esponenti del Pd che martedì ne hanno discusso con il ministro.
È stato proprio il pressing europeo a spingere Franceschini, strenuo difensore del monopolio Siae, a cambiare idea. Lunedì il ministro ha incontrato la commissaria all’Economia digitale Mariya Gabriel. Dal resoconto ufficiale del faccia a faccia emergono le perplessità della Ue, già contenute in una lettera recapitata a Roma qualche mese fa, rispetto al modo in cui l’Italia ha recepito la direttiva comunitaria Barnier sul diritto d’autore, mantenendo cioè l’esclusiva legale di Siae. Dal ministero negano ogni riferimento a procedure di infrazione. Ma è chiaro che quello sarebbe il prossimo passo se il governo non modificasse la legge.
Franceschini lo ha spigato martedì a un gruppo di parlamentari Dem, riuniti dalla responsabile Cultura del Pd Anna Ascani. Nell’incontro sono stati valutati diversi strumenti per intervenire e il più probabile al momento sembra essere la legge di Bilancio. Ma è sulla portata di questa liberalizzazione che le varie anime della maggioranza, e non solo, sono destinate a scontarsi nelle prossime settimane. Spinto suo malgrado all’apertura del mercato, Franceschini ha scritto che riguarderebbe solo altri organismi di gestione collettiva senza scopo di lucro, in pratica le equivalenti straniere di Siae, controllate da artisti ed editori. Una riforma da cui rimarrebbero quindi fuori le società di gestione indipendenti private come Soundreef, principale avversario di Siae in Italia, costretta oggi ad operare attraverso una controllata inglese per aggirare il monopolio. Senza contare che la Società autori ed editori ha già degli accordi di rappresentanza con le omologhe europee, per cui ognuna nel suo Paese gestisce il copyright per conto delle altre. Anche iscrivendosi alla francese Sacem, in sostanza, un artista italiano vedrebbe comunque i suoi diritti raccolti e distribuiti da Siae.
Apertura minima dunque. Secondo il governo basta per scongiurare l’infrazione europea. Ma certo non accontenterebbe la larga parte del Pd (renziani compresi) favorevole a una liberalizzazione più spinta, così come il Movimento 5Stelle. Entrambi convinti che il mercato del copyright possa essere lasciato ai privati, riducendo Siae a “infrastruttura” di raccolta dei diritti nei contesti più locali o magari ad Autorità di vigilanza sul settore. Sul dibattito pende pure l’esito dell’indagine per ostacolo alla concorrenza aperto su Siae dall’Antitrust, atteso a beve. Il testo che arriverà in Parlamento, insomma, potrebbe subire in corsa radicali modifiche.
di Filippo Santelli
Articolo originale: www.repubblica.it